Sopra una “nuvola in calzoni” a Palizzi

di Domenico Principato

Nella notte in cui si consuma, per dirla con Foscolo, “il sacrificio della Patria Nostra” e viene esautorato e consunto dal Parlamento, che in sordina non solo approva l’autonomia differenziata e prosegue il suo iter sull’elezione diretta del Premier, mi consolo con un romanzo di un conterraneo. Penso e scrivo sulla funzione degli intellettuali, da domani la Repubblica sarà non più degli italiani come era in sostanza, ma una istituzione nuova, la conferazione dei popoli italici che in ogni regione dovranno provvedere a garantire scuola e sanità in primis. Mentre si consuma tutto questo con mio sommo dispiacere Italiano, ho sul mio tavolo due libri il primo è “Quando c’erano i Comunisti” di Pendinelli e Sorgi edito da Marsilio per la Feltrinelli Economica e Universale con Prefazione di Cazzullo. Parla dei cento anni del Partito Comunista Italiano. Molto ben fatto devo dire. Si legge e si lascia leggere nella storia dei Compagni,quelli della scissione, con cui Noi socialisti abbiamo avuto momenti di scontro ma anche battaglie comuni. I compagni di un giorno, quelli che avevano il fiore di un’idea dentro il pugno. Portatori anch’essi di grandi battaglie. Criticati da noi socialisti riformisti per la visione economica, l’intransigenza ideologica, il rifiuto della libertà soppressa in URSS, l’invasione di Ungheria nel 1956, e quella strana teoria sulla rivoluzione che propugnavano ora e subito, mentre noi pensavamo e pensiamo che è solo deleteria e estrema. Eppure quando c’erano i comunisti, si guardava con fiducia all’istruzione pubblica, alle famiglie di basso ceto, quelli dove anche l’operaio vuole un figlio dottore, quelli che non eravamo niente e dovevamo essere tutto. Hanno avuto costoro un peso nella storia? Si, l’hanno avuto e ci manca. E chi pensa il contrario non ha semplicemente cervello. Non si può non pensare al metodo Gramasciano di indagine e dissertazione filosofica e culturale, quando hai letto Gramsci egli ti si attacca addosso e non te lo levi più. Non puoi farne a meno, è così anche per chi è socialista riformista. Ci mancano in queste ore mentre la tomba di Enrico Berliguer viene profanata per ben tre volte in due mesi assieme alle steli in ricordo di Matteotti e mentre il Partito Socialista Italiano, ieri in piazza assieme alle forze di opposizione, tra la folla che reclamava Unità ad alta voce, pone di fronte la sede nazionale in Roma la bandiera a mezz’asta per dire che da oggi gli italiani di diverse regioni non avranno più le stesse possibilità. Mentre i Pediatri del Meridione fanno appello al governo, consci che un bambino nato al sud ha meno prospettiva di vita di uno nato a Bologna. Torna l’incubo della mortalità infantile. Sembra che le lancette della storia siano regredite. Ci mancano i compagni comunisti? Si ci mancano anche se non eravamo d’accordo su molti punti. Ci mancano ma erano e sono necessari, anche perché insegnavano che lì dove c’è un povero che studia è gia un principio di rivoluzione, perché anche quello è emancipazione e lotta di classe. Mentre penso a tutto questo. Penso ai compagni del sud, ai comunisti dei nostri territori. E Ho il romanzo del Palizzese Bruno Dieni. Si intitola proprio “sopra le nuvole” edito da Sometti editore. Perché Palizzi? Perché Palizzi è stata storicamente per tutta l’Area Grecanica la Stalingrado dei nostri paesi. Palizzi, perché vi sono i filosofi con cui sono cresciuto riscattandomi, Misefari in primis. Avevo 14 anni quando mi venne data la copia di tale Furio Sbarnemi dal titolo “diario di un disertore”. E’ lì che inizia una storia di passione politica, nel filosofo anarchico, voluto bene dai socialisti, affratellato, giornalista, fine poeta, l’unico che fu capace di scrivere i tafferugli su Montebello Ionico durante il biennio rosso. Se non avesse scritto saremmo stati convinti che Montebello fosse stato fuori dalla storia. Ma questo è altro argomento da approfondire in sede storica e più ricercata. Chi è Bruno Dieni. Bruno Diene nasce a Palizzi, ed entra nelle file del Partito Comunista Italiano, partecipandone attivamente già dalla fine degli anni 60. 

A soli 22 anni viene eletto consigliere comunale, e poi delegato dal consiglio comunale di Palizzi presso il consesso della comunità montana del versante jonio. Riuscirà a farne il presidente, caratterizzandosi per le battaglie contro i più deboli e gli umili. Chiamato alla partenza presso il Nord Italia, per motivi di lavoro. Nel 2023 scrive questo romanzo dal titolo “sopra le nuvole” che si legge con piacere. Animato da una penna delicata, vibrante, calorosa e da una narrativa scorrevole mi offre spunti di riflessione, senza atteggiarmi a critico saputo, che vorrei mettere in luce.

La trama è in primis la storia d’amore di due amanti, il cui amore sbocciato puramente sfiorisce perché inaridito dalle necessità della partenza. Spartenza, viene devinito questo sentimento. Almeno così lo definì Aquilino, nel suo “Il tempo era d’inverno”. Spartenza contro restanza, tema oggi più che mai attualisssimo. Le vite dei protagonisti scorrono, e si ricercano, e si rincontrano a famiglie borghesi edificate, ma l’amore è quello di un tempo. Ciò che pare essere infedeltà borghese, nonostante i passi erotici di delicatezza e garbo descrittivo, ci fanno vedere un amore puro e libero, innocente e infantile. I personaggi sono però scorticati dal lavoro, dall’oppressione, tipico tema del marxismo. Ma sono tuttavia animati da lotta rivoluzionaria, intima. Il protagonista non disdegna di scrivere e leggere all’amata passi contro il razzismo, la guerra, il sud, la legalità. E l’amata come fosse musa ispiratrice lo sta ad ascoltare come fosse Neruda. Temi importanti, animati da profondo sentimento politico, rattrappito dalla solitudine della società liquida dei tempi moderni. Dove la lotta rivoluzionaria diventa intima e innocua, eppure si rimpiange la piazza, la passione e le masse. Si rimpiange la terra natia, Palizzi e Reggio Calabria. Il libro, che non è un libro per tutti, e sta fuori dall’ottica del romanzo borghese, è animato da sentimenti di solidarietà umana e sociale, di riscatto, e anche di pura religiosità evangelica. Il protagonista non è un ateo, ma un credente nel messaggio Cristico di evangelica memoria. Il filo del tempo scorre dalle lotte della prima repubblica fino alla deflagrazione del covid ove si mette il punto nella solitudine del distanziamento sociale lasciando le porte aperte alla speranza. Non nascondo che cita persino le lotte contro la centrale a Carbone di Saline Ioniche, una battaglia che si vinse, e a cui partecipai anche io, allora giovanissimo sul fronte del No. Fu vinta anche a un referendum tenuto in svizzera, nel cantone,dove aveva sede la multinazionale che doveva edificare l’ecomostro. Ricordo Saline divisa in due, il sit in al palazzo della regione sotto il sole cocente. Memorie di quando ero più giovane e Montebellese. 

Sulla vicenda conclusiva Dieni tace, ma lo fa in buona fede, non avendo magari avuto notizie precise sul Nord. Resta comunque la testimonianza di un fatto storico accaduto, cui resta a riscontro la mia di queste pagine per dovere di correttezza. Molti furono sottoposti a un processo civile per danno di immagine aziendale, rei solo di aver fatto delle vignette satiriche, con risarcimenti da capogiro, avevano solo vent’anni. Si vinse. Si si vinse, ma non si risolse, o almeno ancora non si è risolta e non si è rilanciata quell’area sotto alternative valide e di crescita. Il libro di Dieni, non è un libro borghese, ma è un libro che è figlio della cultura hegelomarxista, che manca e ci è venuta a mancare. Lo si capisce dalle frasi di rimpianto. Bellissimo è il suo inno al sud e alla calabria di risorgere, che non riporto, per stimolare alla lettura, ma che fa venire i brividi a fior di pelle per la passione e l’amore verso il sud. Mi preme un paragone, che non è comparativo ma è stimolante credo. Finora nell’Area Grecanica tre soli sono i romanzi che provengono dall’area di sinistra che meritano di essere letti. Fondamentale punto di partenza e attualissimo è “Diario di un disertore” di Misefari,  “Il tempo era d’inverno “ di Aquilino, e ora “sopra le nuvole” di Dieni. Perché sono importanti questi tre romanzi, semplicemente perché Misefari e Dieni sono di Palizzi e il terzo è un Fossatese. I due paesi hanno storicamente avuto problemi di economici e sociali identici, con la forte presenza di Comunisti e Anarchici. Anarchico era Misefari, Anarchico non violento è stato Aquilino dopo la parabola Pci, Maoismo, fase Malatestiana. Dieni Comunista ortodosso. E siccome come diceva Aquilino un anarchico fa le cose perbene, tenterò di farle anche io da socialista. I due paesi testè citati, hanno avuto epiloghi differenti, ora disabitati entrambi, ma mentre a Palizzi era forte il sentimento collettivo di rivalsa, in poche parole c’era più sentimento rivoluzionario, nell’entroterra Montebellese esso venne represso più duramente perché più forte era lo spirito conservatore della Dc, della  repressione del sovietismo a ogni livello, anche con la presenza a volte di settori del Movimento Sociale Italiano. E’ stato così fino ai primi anni 80, quando l’avvento del Psi al governo bilanciò un po’ le cose anche a livello locale portando la Dc a posizioni più progressiste e di apertura sociale. Quello che non accadde invece a Palizzi dove il Pci poteva contare sull’insegnamento primigenio di Misefari, sulla cultura di Misiano già presente alla scissione di Livorno, e divenuto consiglieri di Stalin in persona prima che lo sostituisse Palmiro Togliatti. In poche parole seppur represso aveva una fase storica e intellettuale più consolidata e con più ampio margine di autonomia. Questo è quello che differenzia anche gli stili di Scrittura. Se faccio un paragone tra “Il tempo era d’inverno” il sentimento è di amore, di libertà anarchica e di progresso, ma lo sguardo di Aquilino si perde nella desolazione dei giorni e delle battaglie perse del suo popolo, che storicamente non ha mai voluto essere desto se non in poche occasioni, preferendo fasi più caute e di isolamento. Lo sguardo di Dieni invece è sotto una prospettiva rivoluzionaria più gioconda, più combattiva e gioiosa.

Scrivono entrambi. Il primo sa di non aver avuto la consapevolezza della masse, il secondo invece sa di averla avuta. Anche se oggi possiamo dire che il risultato non sia cambiato per nessuno dei due, perché l’abbandono e lo spopolamento hanno alzato bandiera assieme alla perdita della coscienza collettiva del partito. Vince su entrambi gli autori, la modernizzazione senza la modernità della socialità dell’individualismo edonista. Indipendentemente dallo sguardo più triste o più giocoso, entrambi hanno lottato, entrambi sono partiti e entrambi hanno peso alla luce dei giorni. Non per questo il loro ardore rivoluzionario si è spento. Hanno ci consegnano romanzi di pregio, che sono una sberla nel sonno profondo della politica, e per quello della ragione. Non posso inoltre fare a meno di notare come entrambi, si perdano nella descrizione preziosa delle bellezze naturali dei loro paesi. Non capita autore della sinistra grecanica che non sia descrittivo, e  non dipinga con penna di esagerata bellezza i posti dove è vissuto. E’ il sentimento del suolo natio, del nostos greco, e della patria di cui sembra un po’ essersi dimenticata la sinistra di oggi. I palizzesi possono dunque andare orgogliosi del loro scrittore rivoluzionario e tributargli omaggio doveroso.  Sarebbe bello che Palizzi leggesse le righe del suo figlio rivoluzionario andato lontano. Sarebbe ancora più bello che su Palizzi sorgesse una biblioteca degli autori dell’Area Grecanica, ove si potessero consultare le opere di questi autori, che ci consegnano idee e visioni del mondo per noi preziose. Prima che di loro si perda ogni traccia di memoria, prima che le memorie cedano il passo all’oblio e alla solitudine dei giorni. La lettura e la comprensione, sono sempre un atto di libertà, e come tale un atto rivoluzionario non violento. Dateci un libro dunque e cambieremo il mondo. A Bruno Dieni e a Palizzi rinnovo i complimenti per l’opera di pregio che viene data alla stampe e che ho letto. E sono consapevole oggi come molti anni fa che un popolo che non divulga i propri scrittori prima o poi sparisce. Facciamo in modo non accada. Avanti sempre avanti! Con i compagni di ieri, e con quelli di oggi anche se infelici!

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