Lo Svimez, l’autonomia differenziata, la Calabria: il Ministro Brunetta, il PSI di ieri e quello di oggi

di Domenico Principato PSI

Sono costretto purtroppo, mio malgrado, a ritornare sul tema autonomia differenziata. In soldoni da quando è stata approvata la legge sembra quasi si sia trovata la panacea, la soluzione finalmente scoperta di una grande equazione irrisolvibile che è la questione Meridionale. Pare che l’onda di euforia economica e politica abbia contagiato tutti. Tutti tranne uno, che ha sollevato le giuste riserve una volta preso atto dell’amara realtà: ovvero il Presidente della Regione Calabria, On.le Occhiuto, che con grande coraggio è stato critico, sulle pagine del Corriere della Sera. Gli va riconosciuto merito e coraggio. Mentre dagli oppositori della legge, in più di qualche sito internet si consuma, una cosa ancora più volgare, si diffondono i nomi dei parlamentari del Sud responsabili di aver votato la riforma. Una cosa che non sa di responsabilità, ma che comunque lascia il gusto amaro di una cosa che sa tanto di lista di proscrizione, da cui mi dissocio. Politicamente scorretta anche in virtù del fatto che i parlamentari esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato. Lo dice la Costituzione, che non può valere per alcuni e meno per altri. Sarebbe corretto che il cittadino da solo si informasse dei propri delegati e che nessuno additasse i responsabili, sa tanto di una malcelata accusa di tradimento.

E’ poco moderata, poco riformista, poco liberale. Lo dico caso mai le cose dovessero degenerare  economicamente e socialmente per le regioni meno ricche. Il rischio volente o nolenti è purtroppo quello. Quello che preoccupa è invece la ventata di cieco ottimismo con cui ognuno ad ogni piè sospinto gioisce di questo “tortone” giuridico economico. Spiego meglio perché. Intanto nell’economia di mercato come in quella pubblica sappiamo che l’ottimismo non è eterno. Keynes docet. L’economia di mercato crea crescita, crea gettito, che deve redistribuito dagli organi statali competenti. Più le regioni crescono dal punto di vista dell’iniziativa privata, più si riscuote gettito, ammesso che la sede fiscale ove è ubicata l’impresa riguardi in questo caso la regione di riferimento. Ma l’economia di mercato non è la gallina dalle uova d’oro che crea crescita costante, è ciclica. A fasi di espansione seguono fasi di stagnazioni. Gli effetti e le conseguenze di queste due fasi sono a lungo termine. Può capitare infatti che una breve fase di crescita generi nel tempo fasi di lungo benessere e il contrario che fasi di recessioni brevi siano forieri di lunghi o lunghissimi anni di ripresa. In tutte queste fasi dovrebbe esserci il volano dello Stato che come sappiamo da qualche tempo non può dare sterzate illimitate, visti i deficit debito/pil e patti di stabilità nonché i pareggi di bilancio. Di fatto le sterzate non possono essere brusche ma brevi e calibrate, e questo dilunga l’intervento  degli enti pubblici ( che dovrebbe essere tempestivo e invece ora deve essere centellinato, ammesso che non ci sia la sancta manus dell’Europa come durante la pandemia), e nei casi di recessione ne ritarda la ripresa nel tempo. Non parliamo se quel volano di spesa pubblica, magari non è più dello Stato, ma è della Regione.

E’ un esempio e mi auguro che lo Stato comunque qualora una regione andasse in deficit, intervenga al di là dei colori politici di riferimento. Cosa che sono sicuro farà. Ma certamente se si tratta di responsabilizzare la macchina amministrativa sentenzierà, prima di attingere con potestà di spesa e intervento, il  il suo parere autorevole agli enti decentrati, i quali, audito il parere saranno costretti a trovare le ricette. Ritorna il tema dei diritti fondamentali. Un diritto fondamentale come quello allo studio può mai attendere pareri, vincolanti o meno dell’organo supreme, e trovare in via surrogata  le ricette alternative alle prime errate e non efficienti riferimento prima che lo Stato trovi l’elargizione in tema di Lep? Un lep può avere decorrenzie di termini amministrativi se si guarda ai diritti fondamentali? Lascio su questo punto la risposta ai lettori. Invece, leggo che prima della riforma  la Calabria pare essere stata in crescita. Sono i dati dello Svimez 2022-2023, l’associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, che ha già bacchettato la legge. Secondo lo Svimez l’intero Meridione è cresciuto del 1,3% con velocità di +0,9% rispetto al resto del paese. Ovvero cresce ed è più tempestivo. Merito forse di una classe dirigente che con coraggio è rimasta ed è forse più giovane e più navigata anche se ha, specie nella gioventù, contratti a termine. E’ l’intellighenzia giovanile che ha deciso di rimanere precaria, perché non spinta dal bisogno, ovvero i figli del superstite ceto medio a due stipendi e con proprietà e risparmi. Questo è bene dirlo, senza infingimenti. Gli altri figli del ceto medio monoreddito, o delle classi lavoratrici di prestazione d’opera e delle piccole e medie imprese agricole ahimè sono partiti spinti dalla necessità. Altre regioni beneficiano dei loro titotli di studio, quindi non hanno solo il gettito hanno il capitale professionale e umano amministrativo. E’ bene dire anche questo. Alla crescita hanno giovato anche i fondi Pnrr, le spese statali post covid e gli aiuti regionali e degli enti minori. L’unica cosa che non viene detta è la cieca fiducia che una regione ricca sia sempiternamente immortale e non vada mai in recessione. Pura illusione. Basta in niente nella moderna economia e tutto si avvita. Lo abbiamo visto con l’epidemia appena trascora, e con la bolla finanziaria internazionale del 2008.

Se si avvitassero le economie locali, col sud che spingendo a trovare servizi di cui le rispettive regioni non soddisfano la domanda cosa accadrebbe? Accadrebbe la divulgazione delle strane teorie populiste, che ognuno ad esempio deve curarsi a casa propria, che tutta il Meridione nella Sanità del Nord purtroppo non ci sta e non può starci per un problema di risorsa. Insomma accadrebbe all’interno del paese quello che accade in Europa col flusso dei migranti. Ogni regione ritornerà a dividere i richiedenti servizi per quote. Solo che in sanità è diritto del singolo curarsi o studiare dove meglio crede. Diritto Incontrovertibile e insindacabile. Non è razzismo, sono numeri, una utenza in più e una spesa. E come fai fronte alla spesa di uno se l’uno non partecipa al gettito. Semplice. L’uno paga le spese anticipando e poi la regione di riferimento storna, o il contrario l’uno si cura e la regione d’origine paga il debito. In definitiva il malato diventa merce di scambio tra regioni! Roba da far impallidire Marx nella frase l’uomo non è una merce. Cosa che in parte già accade, ma accade senza problemi, perché l’uno meridionale che si cura nella struttura x del nord paga, o dovrebbe, allo Stato  e agli enti di riferimento con le addizionali.

Se la regione ospitante fosse florida allora nulla quaetio, esisterebbe un debito tra regioni, ma se la regione ospitante fosse in crisi? Se La regione di partenza dell’uno non garantisse il servizio perché non ha gettito sufficiente, e al  quella di destinazione fosse magari in recessione, quale sarebbe la soluzione? Succederebbe che la prima regione sarebbe gravata da  un debito e la seconda vanterebbe un credito. Ma così come gli stati non si possono indebitare illimitatamente nemmeno le regioni possono farlo. Le regioni  oltre all’esempio testè avrebbero  moltissime funzioni a  cui provvedere per competenza territoriale che è anche competenza di bilancio e di casso. Se lo Stato intervenisse in extrema ratio a fare da garante, chi pagherebbe gli interessi sul debito pubblico? Tutti i cittadini o solo le regioni di riferimento?. Ancora una volta le regioni del sud sarebbero in debito. Ma peggio ancora, se sia le regioni del Nord e quelle del sud fossero deficitate? Significa che gli interessi del debito pubblico -che oggi viene spalmato tra italiani e loro generazioni- andrebbero forse equamente divisi ma in maniera proporzionale alle regioni. In proprorzione a cosa? In proporzione ai cittadini di quelle regioni.

Chi lo dirà ai cittadini della Campania che devono pagare gli interessi sul debito in proporzione al loro numero per i servizi che non sono riusciti ad avere in casa loro ma anche per quelli che hanno ricevuto in un’altra regione ospitante e in crisi compartecipando assieme ai cittadini di quest’ultima la cui economia si è stagnata?  Chi le stabilisce le quote? Un pastrocchio economico di cui sinceramente spero di avere errato in analisi economica e mi auguro di essere smentito presto, non essendo io economista ma sollevando solo il legittimo dubbio.

Ha tuttavia pensato a spiegare bene le cose l’onorevole Brunetta, lo ha fatto ieri dalle pagine online del “Il riformista”, preso anche lui dall’euforia della nuova legge-panecea e come presidente del Cnel. Ci ha pensato non solo lui, ma anche mi spiace dirlo l’opinione diffusa di molti compagni socialisti, che animati non si sa come da una specie di spirito meridionalista, antiburocratista, meritocratico e antibaronale hanno accolto la riforma come se da domani il sud avrà magicamente una classe dirigente diversa. Secondo me non sarà così anzi sarà peggio. Solo ora ci si accorge che vi è un problema di classe dirigente? Ce ne rendiamo conto ora sui motivi fiscali? Fino a ieri cosa si è fatto? Si è taciuto, e perché? Perché c’era papà stato. Da domani si tacerà ancora di più perché ci sarà mamma regione. Non è che da domani un barone burocrate viene destituito solo perché vi è l’autonomia differenziata, quello resta lì e lì rimane. Così e se vi pare, salvo altre cose. Ma non ci sarà nessun pogrom, né il sud diventerà la terra degli onesti, sarà se mai la terra dei più poveri. Partendo proprio dell’onorevole Brunetta, egli sostiene che il Sud in questi anni sia regredito. Lo sostiene suffragando l’ipotesi che le aree più produttive del paese hanno contribuito a finanziare i territori più svantaggiati. Il gioco è stato a somma negativa a detta sua. La stessa AFRICA è cresciuta più del Mezzoggiorno. L’articolo prosegue e individua la crescita economica italiana nella era produttiva del Nord Italia, che ha ora un nuovo triangolo industriale, non più Milano, Genova, Torino bensì Milano, Bologna, Treviso. Questo triangolo che dal Nord-Ovest si è spostato a Nord-Est esporta secondo Brunetta il 70 % delle esportazioni, è prodotto lì. Il restante 30% export deduco per esclusione sia centro e sud, ma non si dice in quali proporzioni, tuttavia egli cita i dati Istat 2022 e 2023. Hanno fatto il 70% delle esportazioni persino con i prezzi dei container navali lievitati tantissimo. Peccato si dimentichi di dire che mentre il Nord esporta in Stati Stabili, che sono europei, e quindi l’export ha meno costi, e ha più velocità di infrastrutture, il sud sia al centro del Mediterraneo senza cantieristica Navale, con il Nord Africa instabile per la primavere arabe, e che ha alle spalle, la Turchia che non è in Ue per problemi di diritti umani e democratici e, la Grecia economicamente in ginocchio nonchè gli stati slavi in fase di consolidamento. Cosa facciamo per ingrandire il nostro export? Soluzioni zero ovviamente. Non solo, il sud esporta in agricoltura, non cita l’acquisizione di olio tunisino voluto dalla Ue, per consentire al governo di Tunisi di crescere, e infischiandosene di quelle calabrese, dell’epidemia di xylella e della siccità che sta flaggellando “purtroppo” la sicilia.  Ha ragione però in una cosa quella che io ho sempre definito l’ “economia della bicicletta” il Nord produce e il Sud Consuma. E’ vero, è una economia che andava bene finchè c’è stata possibilità di fare debito pubblico, e assistenzialismo. Mentre io in Calabria però posso consumare una birra prodotta nel Biellese nell’isolato aspromonte, non capisco perché nell’isolato borgo della bassa padana io non trovi un dissetante  al bergamotto.  Anche su questo si tace, come si aiuta una impresa del Sud a esportare Brunetta non ce lo dice.  Poi si spende nel dire le differenze, il Nord per renderlo efficiente va sburocratizzato, in pieno stile neoliberale, il Sud invece ha bisogno di un New Deal Keynesiano. Bene, benissimo, ci siamo, è la differenza che passa tra un modello di stato liberale puro, e un modello di stato da terza via. Sotto sotto ha detto la verità due macroregioni con due impostazioni economiche diverse. Chiedo di prestare attenzione su questo punto perché è un punto economicamente e socialmente drammatico. Storicamente cita il contributo della Cassa del Mezzoggiorno, che ha contribuito moltissimo, si dimentica di dire, che una cassa per il Mezzoggiorno non ci sarà più semplicemente perché non possiamo più fare debiti. Chi la creerà la cassa per il Mezzoggiorno. Molto semplicemente la dovranno creare per fare fronte le regioni Meridionali da sole. Ma con quale autorità e competenza? Sarà possibile? La farà nascere lo stato forse e poi le regioni la finanzieranno?

La verità è che vi è troppo ottimismo in questa riforma. Se le cose andranno bene come si augura Brunetta allora risorgeremo. Ma se andassero male? Se andassero male ecco quello che si delinea. Ovvero la sciagura di avere un Nord liberista e un Sud che spinto dalla necessità, se le cose andassero male, dovrebbe richiedere lui la sovranità statale. Ovvero se la riforma fallisse, la secessione paradossalmente la dovrebbe chiedere il Sud e ripartire come stato. La mia è una visione distopica, e spero tanto che non accada, ma il rischio è alto, altissimo, forse troppo. Lo stesso presidente Cnel ha paventato sopra due diverse economie Von hayek al Nord e keynes al sud. Mi auguro che tra molti anni la mia visione pessimistica e distopica venga smentita e e che economicamente vi sia un sud in crescita ben inserito nella Nazione e pinamente italiano. Ultima cosa. Brunetta non si spende nella riflessione ultima del reddito di un Meridionale al Nord. I redditi dei Meridionali al Nord, almeno quelli che vogliono ritornare ai luoghi di origine, sono spesi in consumi. Al sud sarebbero spesi in consumi di prodotti Nord-Sud e Reinvestiti nelle proprietà anche questo è Keynes.

Tornando ai socialisti, lo era anche Brunetta, che ora ha trovato la medicina che non ebbero i meridionalisti, è ora che si apra un dibattito. Un confronto. Questa riforma non libererà il sud né dalla Corruzione che è il vero problema, il problema persisterà essendo la questione dei baroni amministrativi  solo secondaria, né rivoluzionerà la classe dirigente. Anzi sarà peggio perché la corruzione sarà più sapientemente orchestrata, i baroni saranno baroni con margine di spesa pubblica, la classe dirigente non cambierà perché non la faranno cambiare e le stazioni saranno sempre piene all’andata e sempre più vuoti al ritorni.

Non si facciano illusioni i sostenitori di questa sbandierata teoria, né comunque pendano dal mio pessimismo e dalla mia visione distopica.

Gemellaggio tra Istituto Nazionale Azzurro e Reale Arciconfraternita dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista dei Cavalieri di Malta ad Honorem di Catanzaro

Nel suggestivo contesto della Chiesa di San Giovanni Battista a Catanzaro, si è svolta ieri 23 giugno 2024 la cerimonia di firma del protocollo d’intesa che ha sancito il gemellaggio tra l’Istituto Nazionale Azzurro (I.N.A.), istituto umanitario di ispirazione cattolica, e la prestigiosa Reale Arciconfraternita dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista dei Cavalieri di Malta ad Honorem di Catanzaro.

L’Arciconfraternita, con una lunga storia di opere caritatevoli e di impegno sociale, ha accolto con entusiasmo questa collaborazione basata sui principi caritatevoli del Vangelo.
A firmare il protocollo per l’Istituto è stato il Fondatore e Presidente Cav. Prof. Lorenzo Festicini, mentre per l’Arciconfraternita ha siglato l’accordo il Priore Luigi Merante Critelli.
La cerimonia si è svolta in occasione della Festa di San Giovanni, patrono della Chiesa, e ha visto la partecipazione di una folla gremita di persone, testimone dell’importanza e della risonanza di questo gemellaggio e dell’ingresso dei nuovi membri nell’Arciconfraternita.

Come gesto di solidarietà e supporto, il presidente dell’I.N.A. ha donato farmaci all’Arciconfraternita, destinati alle persone bisognose assistite dall’organizzazione.

Tra i presenti alla cerimonia vi erano i vertici I.N.A., tra cui il Decano Mons. Antonio Morabito, il Delegato Regione Calabria Dott. Giacomo Labate, il Segretario Nazionale Ercole Sansalone e il Tesoriere Nazionale Fabio Belcastro, tutti uniti nell’intento di promuovere azioni di beneficenza e solidarietà a favore delle comunità più vulnerabili.

Respiro con il cuore. Un’opera di Elisa Mascia e Fabio Petrilli

Un afflato intenso, profondo e sincero. I due poeti, attraverso questa disamina poetica, scrutano l’universo che li circonda, incarnano il capitale di emozioni con cui ogni essere umano, nel proprio arco di vita, ha modo di interfacciarsi.


La poetessa Elisa Mascia e il giovane poeta Fabio Petrilli, attraverso la loro poetica, narrano l’incanto della vita attraverso un dialogo intergenerazionale, un dialogo verace e umano: “Ancora mi rifugio in te/giudice… di questo mondo” scrive il Petrilli, parlando del silenzio.
“Silenzio interrotto da interminabili minuti/da orologio lancette e numeri… caduti… sostituiti da battiti di cuore che sa ancora amare” pare sia la risposta della Mascia a questo dialogo.

Respiro con il cuore è un’opera che si snoda attraverso immagini vivide e potenti, evoca scenari naturali e momenti di vita quotidiana che si trasformano in metafore universali, è una silloge che ci introduce in una dimensione velatamente onirica: le parole fluttuano leggere, trasportate da venti di passione che inducono il lettore a rispecchiarsi nella vita e nel futuro dei due poeti.
Ogni pagina diviene un lene invito a lasciarsi cullare dalle emozioni, a seguire il flusso dei sentimenti che guidano ogni poesia, poesia che diviene frammento, tassello d’un mosaico che s’inoltra oltre i declivi del silenzio ed effonde nel vento, leggera brezza, raggiungendo oasi interiori che germogliano pensieri entro i giardini dello scibile umano.

Prefazione del poeta e premio alla Carriera per la poesia Roberto Collari

Sopra una “nuvola in calzoni” a Palizzi

di Domenico Principato

Nella notte in cui si consuma, per dirla con Foscolo, “il sacrificio della Patria Nostra” e viene esautorato e consunto dal Parlamento, che in sordina non solo approva l’autonomia differenziata e prosegue il suo iter sull’elezione diretta del Premier, mi consolo con un romanzo di un conterraneo. Penso e scrivo sulla funzione degli intellettuali, da domani la Repubblica sarà non più degli italiani come era in sostanza, ma una istituzione nuova, la conferazione dei popoli italici che in ogni regione dovranno provvedere a garantire scuola e sanità in primis. Mentre si consuma tutto questo con mio sommo dispiacere Italiano, ho sul mio tavolo due libri il primo è “Quando c’erano i Comunisti” di Pendinelli e Sorgi edito da Marsilio per la Feltrinelli Economica e Universale con Prefazione di Cazzullo. Parla dei cento anni del Partito Comunista Italiano. Molto ben fatto devo dire. Si legge e si lascia leggere nella storia dei Compagni,quelli della scissione, con cui Noi socialisti abbiamo avuto momenti di scontro ma anche battaglie comuni. I compagni di un giorno, quelli che avevano il fiore di un’idea dentro il pugno. Portatori anch’essi di grandi battaglie. Criticati da noi socialisti riformisti per la visione economica, l’intransigenza ideologica, il rifiuto della libertà soppressa in URSS, l’invasione di Ungheria nel 1956, e quella strana teoria sulla rivoluzione che propugnavano ora e subito, mentre noi pensavamo e pensiamo che è solo deleteria e estrema. Eppure quando c’erano i comunisti, si guardava con fiducia all’istruzione pubblica, alle famiglie di basso ceto, quelli dove anche l’operaio vuole un figlio dottore, quelli che non eravamo niente e dovevamo essere tutto. Hanno avuto costoro un peso nella storia? Si, l’hanno avuto e ci manca. E chi pensa il contrario non ha semplicemente cervello. Non si può non pensare al metodo Gramasciano di indagine e dissertazione filosofica e culturale, quando hai letto Gramsci egli ti si attacca addosso e non te lo levi più. Non puoi farne a meno, è così anche per chi è socialista riformista. Ci mancano in queste ore mentre la tomba di Enrico Berliguer viene profanata per ben tre volte in due mesi assieme alle steli in ricordo di Matteotti e mentre il Partito Socialista Italiano, ieri in piazza assieme alle forze di opposizione, tra la folla che reclamava Unità ad alta voce, pone di fronte la sede nazionale in Roma la bandiera a mezz’asta per dire che da oggi gli italiani di diverse regioni non avranno più le stesse possibilità. Mentre i Pediatri del Meridione fanno appello al governo, consci che un bambino nato al sud ha meno prospettiva di vita di uno nato a Bologna. Torna l’incubo della mortalità infantile. Sembra che le lancette della storia siano regredite. Ci mancano i compagni comunisti? Si ci mancano anche se non eravamo d’accordo su molti punti. Ci mancano ma erano e sono necessari, anche perché insegnavano che lì dove c’è un povero che studia è gia un principio di rivoluzione, perché anche quello è emancipazione e lotta di classe. Mentre penso a tutto questo. Penso ai compagni del sud, ai comunisti dei nostri territori. E Ho il romanzo del Palizzese Bruno Dieni. Si intitola proprio “sopra le nuvole” edito da Sometti editore. Perché Palizzi? Perché Palizzi è stata storicamente per tutta l’Area Grecanica la Stalingrado dei nostri paesi. Palizzi, perché vi sono i filosofi con cui sono cresciuto riscattandomi, Misefari in primis. Avevo 14 anni quando mi venne data la copia di tale Furio Sbarnemi dal titolo “diario di un disertore”. E’ lì che inizia una storia di passione politica, nel filosofo anarchico, voluto bene dai socialisti, affratellato, giornalista, fine poeta, l’unico che fu capace di scrivere i tafferugli su Montebello Ionico durante il biennio rosso. Se non avesse scritto saremmo stati convinti che Montebello fosse stato fuori dalla storia. Ma questo è altro argomento da approfondire in sede storica e più ricercata. Chi è Bruno Dieni. Bruno Diene nasce a Palizzi, ed entra nelle file del Partito Comunista Italiano, partecipandone attivamente già dalla fine degli anni 60. 

A soli 22 anni viene eletto consigliere comunale, e poi delegato dal consiglio comunale di Palizzi presso il consesso della comunità montana del versante jonio. Riuscirà a farne il presidente, caratterizzandosi per le battaglie contro i più deboli e gli umili. Chiamato alla partenza presso il Nord Italia, per motivi di lavoro. Nel 2023 scrive questo romanzo dal titolo “sopra le nuvole” che si legge con piacere. Animato da una penna delicata, vibrante, calorosa e da una narrativa scorrevole mi offre spunti di riflessione, senza atteggiarmi a critico saputo, che vorrei mettere in luce.

La trama è in primis la storia d’amore di due amanti, il cui amore sbocciato puramente sfiorisce perché inaridito dalle necessità della partenza. Spartenza, viene devinito questo sentimento. Almeno così lo definì Aquilino, nel suo “Il tempo era d’inverno”. Spartenza contro restanza, tema oggi più che mai attualisssimo. Le vite dei protagonisti scorrono, e si ricercano, e si rincontrano a famiglie borghesi edificate, ma l’amore è quello di un tempo. Ciò che pare essere infedeltà borghese, nonostante i passi erotici di delicatezza e garbo descrittivo, ci fanno vedere un amore puro e libero, innocente e infantile. I personaggi sono però scorticati dal lavoro, dall’oppressione, tipico tema del marxismo. Ma sono tuttavia animati da lotta rivoluzionaria, intima. Il protagonista non disdegna di scrivere e leggere all’amata passi contro il razzismo, la guerra, il sud, la legalità. E l’amata come fosse musa ispiratrice lo sta ad ascoltare come fosse Neruda. Temi importanti, animati da profondo sentimento politico, rattrappito dalla solitudine della società liquida dei tempi moderni. Dove la lotta rivoluzionaria diventa intima e innocua, eppure si rimpiange la piazza, la passione e le masse. Si rimpiange la terra natia, Palizzi e Reggio Calabria. Il libro, che non è un libro per tutti, e sta fuori dall’ottica del romanzo borghese, è animato da sentimenti di solidarietà umana e sociale, di riscatto, e anche di pura religiosità evangelica. Il protagonista non è un ateo, ma un credente nel messaggio Cristico di evangelica memoria. Il filo del tempo scorre dalle lotte della prima repubblica fino alla deflagrazione del covid ove si mette il punto nella solitudine del distanziamento sociale lasciando le porte aperte alla speranza. Non nascondo che cita persino le lotte contro la centrale a Carbone di Saline Ioniche, una battaglia che si vinse, e a cui partecipai anche io, allora giovanissimo sul fronte del No. Fu vinta anche a un referendum tenuto in svizzera, nel cantone,dove aveva sede la multinazionale che doveva edificare l’ecomostro. Ricordo Saline divisa in due, il sit in al palazzo della regione sotto il sole cocente. Memorie di quando ero più giovane e Montebellese. 

Sulla vicenda conclusiva Dieni tace, ma lo fa in buona fede, non avendo magari avuto notizie precise sul Nord. Resta comunque la testimonianza di un fatto storico accaduto, cui resta a riscontro la mia di queste pagine per dovere di correttezza. Molti furono sottoposti a un processo civile per danno di immagine aziendale, rei solo di aver fatto delle vignette satiriche, con risarcimenti da capogiro, avevano solo vent’anni. Si vinse. Si si vinse, ma non si risolse, o almeno ancora non si è risolta e non si è rilanciata quell’area sotto alternative valide e di crescita. Il libro di Dieni, non è un libro borghese, ma è un libro che è figlio della cultura hegelomarxista, che manca e ci è venuta a mancare. Lo si capisce dalle frasi di rimpianto. Bellissimo è il suo inno al sud e alla calabria di risorgere, che non riporto, per stimolare alla lettura, ma che fa venire i brividi a fior di pelle per la passione e l’amore verso il sud. Mi preme un paragone, che non è comparativo ma è stimolante credo. Finora nell’Area Grecanica tre soli sono i romanzi che provengono dall’area di sinistra che meritano di essere letti. Fondamentale punto di partenza e attualissimo è “Diario di un disertore” di Misefari,  “Il tempo era d’inverno “ di Aquilino, e ora “sopra le nuvole” di Dieni. Perché sono importanti questi tre romanzi, semplicemente perché Misefari e Dieni sono di Palizzi e il terzo è un Fossatese. I due paesi hanno storicamente avuto problemi di economici e sociali identici, con la forte presenza di Comunisti e Anarchici. Anarchico era Misefari, Anarchico non violento è stato Aquilino dopo la parabola Pci, Maoismo, fase Malatestiana. Dieni Comunista ortodosso. E siccome come diceva Aquilino un anarchico fa le cose perbene, tenterò di farle anche io da socialista. I due paesi testè citati, hanno avuto epiloghi differenti, ora disabitati entrambi, ma mentre a Palizzi era forte il sentimento collettivo di rivalsa, in poche parole c’era più sentimento rivoluzionario, nell’entroterra Montebellese esso venne represso più duramente perché più forte era lo spirito conservatore della Dc, della  repressione del sovietismo a ogni livello, anche con la presenza a volte di settori del Movimento Sociale Italiano. E’ stato così fino ai primi anni 80, quando l’avvento del Psi al governo bilanciò un po’ le cose anche a livello locale portando la Dc a posizioni più progressiste e di apertura sociale. Quello che non accadde invece a Palizzi dove il Pci poteva contare sull’insegnamento primigenio di Misefari, sulla cultura di Misiano già presente alla scissione di Livorno, e divenuto consiglieri di Stalin in persona prima che lo sostituisse Palmiro Togliatti. In poche parole seppur represso aveva una fase storica e intellettuale più consolidata e con più ampio margine di autonomia. Questo è quello che differenzia anche gli stili di Scrittura. Se faccio un paragone tra “Il tempo era d’inverno” il sentimento è di amore, di libertà anarchica e di progresso, ma lo sguardo di Aquilino si perde nella desolazione dei giorni e delle battaglie perse del suo popolo, che storicamente non ha mai voluto essere desto se non in poche occasioni, preferendo fasi più caute e di isolamento. Lo sguardo di Dieni invece è sotto una prospettiva rivoluzionaria più gioconda, più combattiva e gioiosa.

Scrivono entrambi. Il primo sa di non aver avuto la consapevolezza della masse, il secondo invece sa di averla avuta. Anche se oggi possiamo dire che il risultato non sia cambiato per nessuno dei due, perché l’abbandono e lo spopolamento hanno alzato bandiera assieme alla perdita della coscienza collettiva del partito. Vince su entrambi gli autori, la modernizzazione senza la modernità della socialità dell’individualismo edonista. Indipendentemente dallo sguardo più triste o più giocoso, entrambi hanno lottato, entrambi sono partiti e entrambi hanno peso alla luce dei giorni. Non per questo il loro ardore rivoluzionario si è spento. Hanno ci consegnano romanzi di pregio, che sono una sberla nel sonno profondo della politica, e per quello della ragione. Non posso inoltre fare a meno di notare come entrambi, si perdano nella descrizione preziosa delle bellezze naturali dei loro paesi. Non capita autore della sinistra grecanica che non sia descrittivo, e  non dipinga con penna di esagerata bellezza i posti dove è vissuto. E’ il sentimento del suolo natio, del nostos greco, e della patria di cui sembra un po’ essersi dimenticata la sinistra di oggi. I palizzesi possono dunque andare orgogliosi del loro scrittore rivoluzionario e tributargli omaggio doveroso.  Sarebbe bello che Palizzi leggesse le righe del suo figlio rivoluzionario andato lontano. Sarebbe ancora più bello che su Palizzi sorgesse una biblioteca degli autori dell’Area Grecanica, ove si potessero consultare le opere di questi autori, che ci consegnano idee e visioni del mondo per noi preziose. Prima che di loro si perda ogni traccia di memoria, prima che le memorie cedano il passo all’oblio e alla solitudine dei giorni. La lettura e la comprensione, sono sempre un atto di libertà, e come tale un atto rivoluzionario non violento. Dateci un libro dunque e cambieremo il mondo. A Bruno Dieni e a Palizzi rinnovo i complimenti per l’opera di pregio che viene data alla stampe e che ho letto. E sono consapevole oggi come molti anni fa che un popolo che non divulga i propri scrittori prima o poi sparisce. Facciamo in modo non accada. Avanti sempre avanti! Con i compagni di ieri, e con quelli di oggi anche se infelici!

L’importante appello dei docenti vincitori dell’ultimo concorso ordinario D.D.G. 2575/2023

Concorso ordinario Scuola D.D.G. 2575/2023

All’Ill.mo Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella

Al Ministro dell’istruzione e del merito On. Giuseppe Valditara

Ai Rappresentanti Onorevoli della Camera dei Deputati Italiana

Ai Rappresentanti Senatori del Senato della Repubblica Italiana

Oggetto: Richiesta scorrimento graduatoria Concorso ordinario scuola D.D.G. 2575/2023

Illustrissimi Presidente della Repubblica, Ministro dell’Istruzione e del Merito e Rappresentanti Parlamentari,

con la presente, noi insegnanti precari di tutta Italia che abbiamo sostenuto, e superato entrambe le prove dell’ultimo concorso ordinario D.D.G. 2575/2023,

                          CHIEDIAMO

che vi sia una graduatoria a scorrimento utile a coprire interamente i posti messi a bando dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Chiediamo questo perché riteniamo profondamente ingiusto che docenti plurilaureati, che nel corso della loro carriera hanno migliorato e perfezionato le loro competenze, e con alle spalle diversi anni di servizio, e che quotidianamente vivono la scuola, si ritrovino esclusi dalla graduatoria finale per un eventuale, e misero 0,05 di punteggio.

Queste persone si ritroverebbero, così, nuovamente, nel prossimo autunno (periodo in cui, secondo il Ministero dell’Istruzione, sarà bandito il secondo concorso PNRR atto a stabilizzare altri 24 mila insegnanti precari), a concorrere per lo stesso posto e a sostenere, nelle stesse modalità, le stesse prove che hanno già sostenuto e superato nel precedente concorso.

Chiediamo che venga riproposto lo stesso criterio usato con l’istituzione delle graduatorie a scorrimento relative al concorso ordinario del 2020.

Dal punto di vista morale, fisico e psicologico, per queste persone, rimettersi nuovamente a concorrere, risulterebbe stancante e mortificante. Significherebbe impiegare risorse, tempo ed energia in sforzi già sostenuti e che sono stati ripagati positivamente dal superamento delle prove concorsuali. Significherebbe nuovamente subire ansie, pressioni, tensioni che un concorso porta con sé.          Tutto ciò comporterebbe un rimettersi in gioco in un contesto in cui si è già risultati idonei all’insegnamento di quella disciplina, avendo superato le prove disciplinari.

La domanda dunque che noi insegnanti di tutta Italia ci poniamo è: Perché bandire un nuovo concorso PNRR per l’assunzione di altre 24 mila unità quando invece si potrebbe attingere dalle graduatorie del concorso ordinario D.D.G 2575/2023, ovvero quelle del primo concorso PNRR?

Noi riteniamo che questo modus operandi sia non solo totalmente illogico dal punto di vista operativo ma anche mortificante e irrispettoso nei confronti di tutti quegli insegnanti che hanno superato le prove.      Insegnanti che ogni giorno, in classe, dimostrano le loro competenze, il loro valore e che ogni anno, non   riescono a ottenere quella continuità didattica, che apporterebbe grandi benefici nell’evoluzione del percorso didattico educativo dell’allievo.

Pertanto, Ill.mi Presidente della Repubblica , Ministro dell’Istruzione, e Onorevoli Rappresentanti del Parlamento Italiano chiediamo che vengano accolte le nostre istanze; il tutto per garantire un sistema equo e democratico di valutazione delle competenze degli insegnanti, già accertate nei risultati delle prove concorsuali.

Competenze che si andrebbero, dunque, a contestualizzare in una graduatoria di merito che vada via via scorrendo così da completare interamente i posti messi a disposizione dai fondi del PNRR. Si eviterà cosi di bandire altri concorsi, di spendere inutilmente altri fondi pubblici, e si darà invece così priorità agli insegnanti che il concorso l’hanno già superato.  

Tutto ciò garantirebbe all’intera impalcatura scolastica una maggiore tenuta, e si premierebbero in questo modo gli sforzi intellettuali, fisici ed economici di migliaia e migliaia di docenti che quotidianamente vivono la scuola, affrontandone criticità e problematiche,  ed affiancando le nuove generazioni nel loro percorso di crescita, in una società sempre più complessa e articolata.          

Questa lettera è frutto della condivisione su diversi gruppi WhatsApp di noi docenti che abbiamo superato le prove del concorso e che, nell’attesa delle graduatorie, sperano di ottenere lo scorrimento delle stesse fino al loro esaurimento.

Docenti che hanno superato il concorso D.D.G/2575/2023

Prof. Mattia Pezzi
Comitato docenti concorso scuola 2575/2023

Polisportiva Bovese. Auguri alla nuova dirigenza

Giungono da parte di tutta la comunità bovese gli auguri su Facebook alla nuova dirigenza della Polisportiva Bovese. Un in bocca al lupo al nuovo Presidente della Polisportiva Bovese, il signor Giuseppe Neri e al Vipresidente, il signor Pietro Marino.

Buon lavoro verso nuove vittorie.

Forza Bovese sempre dentro ai nostri cuori

Due Cardinali di Santa Romana Chiesa chiudono l’anno istituzionale 2023-24 dell’ Istituto Nazionale Azzurro

Una giornata storica e toccante ha avuto luogo sabato 15 Giugno a Roma in Vaticano, dove si è celebrata una solenne Santa Messa in occasione dei nuovi ingressi nell’Istituto Nazionale Azzurro (I.N.A.). Diversi cittadini di Reggio Calabria, noti per il loro impegno sociale, hanno promesso di dedicarsi ad aiutare i più deboli e di essere al servizio delle persone bisognose, abbracciando con fervore i nobili ideali dell’Istituto Nazionale Azzurro.

La Santa Messa è stata presieduta da Sua Eminenza Reverendissima Il Cardinale Angelo Comastri e concelebrata da Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Francesco Monterisi, con la partecipazione di Arcivescovi, Vescovi e ben 20 Monsignori della Curia Vaticana. La cerimonia ha visto una numerosa e devota partecipazione del clero, tra cui sacerdoti dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova. Tra i presenti, il Decano dell’I.N.A., Mons. Antonio Morabito, e il nuovo Assistente Spirituale dell’I.N.A., Don Giovanni Gattuso. Nel suo discorso, il Fondatore e Presidente dell’I.N.A., Cav. Dott. Lorenzo Festicini, ha sottolineato le grandi responsabilità che si assumono i membri dell’Istituto nell’aiutare le persone bisognose. “Entrare a far parte dell’I.N.A. significa abbracciare una missione di amore e servizio, prendendo esempio dai santi e seguendo i principi del Vangelo.” Durante l’omelia, il Cardinale Angelo Comastri ha ricordato quanto sia fondamentale donarsi per gli altri, ispirandosi ai grandi santi, come Santa Madre Teresa di Calcutta.

“Il nostro impegno deve essere costante e sincero, mirando a costruire un mondo migliore attraverso piccoli ma significativi gesti di carità e amore”, ha detto il Cardinale. La cerimonia è stata un momento di profonda riflessione e spiritualità, riaffermando l’importanza di un impegno concreto e quotidiano a favore dei più fragili. I nuovi membri dell’I.N.A. si sono impegnati a portare avanti questa missione con dedizione e passione, riflettendo i valori di altruismo e solidarietà che sono alla base dell’Istituto Nazionale Azzurro. Con questa solenne liturgia, il Vaticano ha visto rinnovarsi un impegno collettivo verso il prossimo, unendo fede e azione in un percorso di speranza e carità. In chiusura dell’evento i presenti hanno ringraziato il presidente Lorenzo Festicini che unitamente al consiglio direttivo dell’Istituto Nazionale Azzurro sono riusciti ad organizzare l’ennesimo evento di elevata spiritualità.

Autore Thétis 2024: Pina Calabrò con il libro Uccelli e dintorni. Gallina: tradizioni e storia

Pina Calabrò autrice del mese. Thétis promuove gli autori e i loro libri con il solo fine di sensibilizzare alla cultura e alla lettura.

Pina Calabrò è nata a Reggio Calabria, insegnante in pensione, scrive poesie e ama l’arte. Personalmente, ha sviluppato l’arte del riciclo con dipinti e mosaici. Ha pubblicato il libro “Le sorti in un decennio” sui primi dieci anni dell’ Unità nazionale. Vive affacciata sullo Stretto di Messina, luogo del cuore.

Titolo: ~Uccelli e dintorni. Gallina: tradizioni e storia~                                                                Casa editrice: ~La rosa nel pozzo~

Il romanzo narra un tempo neanche così distante dal nostro ma tanto diverso. Nei valori, nel concepire l’esistenza, nei bisogni e soprattutto nel rapporto dell’individuo con l’ambiente e la socialità. Un orizzonte limitato rende più marcata l’autenticità di un territorio. Le tradizioni condivise e rispettate ne fan testimonianza. L’invasività della tecnica deve ancora palesarsi, le sirene del consumismo non cantano ancora e i personaggi vivono come i gigli dei campi, intenti solo ai bisogni primari ma con l’energia emancipatoria dei sogni. Il dialetto, cristallizzato nella saggezza antica dei proverbi e negli scambi del quotidiano vuole certificare un’autenticità oggi riscoperta e rivendicata come segno di identificazione collettiva. La coscienza di un popolo emerge dalla conoscenza di ciò che fummo. Disponibile on line presso libreriauniversitaria.it e la Feltrinelli IBS.

Melito di Porto Salvo. Successo per la Prima Edizione dell’Infiorata Melitese

Si è conclusa domenica la Prima Edizione dell’Infiorata Melitese, che ha registrato una nutrita partecipazione tra sabato e domenica 15 e 16 giugno. Iniziativa patrocinata dal Comune di Melito Porto Salvo e realizzata grazie all’impegno dell’ Associazione Culturale Melito Vecchia.

Un evento innovativo che ha catturato la curiosità dei molti, riscuotendo notevole successo e attirando visitatori giunti da tutti i paesi limitrofi e oltre. La novità dell’Infiorata svoltasi alle porte del Paese Vecchio, ha permesso a quanti sono giunti sul posto di percorrere le vie interne del paese, ammirando i Murales dipinti magistralmente da diversi artisti, anch’essa un’iniziativa voluta dall’Associazione Culturale Melito Vecchia, che punta al recupero della parte più antica di Melito.

La manifestazione ha previsto per la serata inaugurale intrattenimenti per grandi e bambini come riportato sulla locandina che ha promosso l’evento:


Le bellezze locali melitesi e quelle naturali della nostra Area Grecofona: gli agrumi, i fiori, colori e profumi di una terra da riscoprire nella sua totale bellezza.

A seguire una carrellata di foto dell’Infiorata e dei Murales, con l’invito di visitare il Paese Vecchio di Melito P. Salvo, in prossimità della stagione estiva, che tanto di presta a serate piacevoli da trascorrere in buona compagnia tra arte, cultura, artigianato e molto altro, sotto lo splendore di un cielo stellato…